Pigkappa ha scritto: ↑23 set 2023, 22:20
Un asteroide ha forma sferica e distribuzione di massa uniforme. Il suo raggio e'
e la sua massa
. L'asteroide si trova fermo nello spazio interstellare, quando viene colpito da un altro asteroide molto piu' piccolo, di massa
e di raggio trascurabile rispetto a
. L'asteroide minore ha velocita'
prima dell'urto, e la sua direzione e' tangente alla superficie dell'asteroide maggiore. L'urto e' completamente anelastico, cosi' che l'asteroide minore rimane incastonato dentro quello maggiore, ma non viene distrutto, e' solo incastrato dentro la roccia. La gravita' e' trascurabile.
Dopo che l'urto e' avvenuto, quanto vale la forza agente sull'asteroide minore?
Considerando la situazione fisica dopo l'urto tra i due asteroidi, si fissi un sistema di coordinate cartesiane
avente origine
nel centro dell'asteroide maggiore di massa
e raggio
(assimilabile ad un
pianeta sferico supposto rigido e omogeneo). L'asteroide minore di massa
e raggio
, assimilabile ad un
punto materiale di dimensioni trascurabili rispetto alla roccia massiva, si considera incastrato dentro quest'ultima dimodoché disti
dal centro
della sfera, come nella figura in basso.
La
coordinata del centro di massa del sistema sfera-punto materiale, essendo i due corpi totalmente omogenei, è nulla. Dunque,
.
La posizione
del centro di massa del medesimo sistema, invece, sarà data da:
.
La distanza dell'asteroide di massa
incastonato nella roccia dal centro di massa è:
.
A voler scrivere
in funzione di
, essa sarà data da:
.
Il momento angolare
rispetto al CM prima dell'urto è il momento angolare orbitale dovuto al moto del solo asteroide di massa
, dal momento che la rotazione di entrambi i corpi non è apprezzabile. Il suo modulo sarà dato dal prodotto tra massa
dell'asteroide, velocità
del punto materiale e distanza
del vettore velocità
(avente direzione tangente alla superficie del pianeta) dal centro di massa comune. Dunque:
Dopo l'urto, il sistema descriverà una rotazione rispetto al centro di massa. Fisicamente, infatti, nel sistema del laboratorio l'insieme sfera-punto materiale dei due corpi descrive una rototraslazione, mentre nel sistema di riferimento del centro di massa il sistema descrive una pura rotazione. Sfruttando il carattere intrinseco del momento angolare, indistintamente calcolabile rispetto al sistema di riferimento del CM o al sistema di riferimento del laboratorio (il suo valore non dipende dal particolare riferimento in cui venga calcolato, cfr.
Nota), si può scrivere il momento angolare
rispetto al CM dopo l'urto come dato dal prodotto tra il momento d'inerzia
dei due asteroidi rispetto al CM e la velocità angolare
con cui ruota il sistema formato dai due corpi. Dunque:
.
In assenza di momenti di forze esterne, è possibile eguagliare i momenti angolari del sistema prima e dopo la collisione. Pertanto:
. Da qui:
.
Per determinare il valore simbolico di
, è prima necessario calcolare il momento d'inerzia
del sistema rispetto ad un asse passante per il centro di massa comune ai due corpi. Si consideri la Figura sottostante.
Guardando dall'alto verso il basso, l'asse di rotazione si trova nel piano della pagina, attraverso il centro di massa del sistema combinato pianeta-asteroide. Si può determinare il momento d'inerzia
del sistema rispetto ad un asse passante per il CM adoperando il Teorema di Huygens-Steiner (o Teorema degli assi paralleli), purché siano conosciuti il valore del momento d'inerzia
rispetto ad un asse passante per il centro
dell'asteroide-sfera di massa
e parallelo a quello passante per il CM e quello della distanza di separazione
tra gli assi paralleli. L'enunciato del teorema precedentemente citato restituisce:
, dove:
- La massa dell'oggetto è la massa totale del sistema .
- I due assi paralleli sono quello passante per il CM e quello passante per il centro dell'asteroide di massa , con distanza tra essi pari a .
- Il momento d'inerzia del sistema combinato rispetto al centro dell'asteroide maggiore è dato dalla somma dei momenti d'inerzia dei singoli corpi rispetto al centro , segnatamente il momento d'inerzia della sfera-pianeta di massa e della massa puntiforme-asteroide di massa . Infatti, il momento d'inerzia rispetto a dell'asteroide maggiore è assimilabile a quello di una sfera di massa e raggio , dunque , mentre il momento d'inerzia rispetto a dell'asteroide minore è corrispondente a quello di un punto materiale di massa che, essendo incastrato dentro l'asteroide più grande nel punto sommitale di quest'ultimo (dal momento che la velocità dell'asteroide piccolo prima dello scontro è tangente alla superficie del pianeta), dista dalla sfera, per cui .
In definitiva, si ha che il momento d'inerzia totale del sistema rispetto al centro è pari a:
.
Sostituendo questi dati nell'espressione del Teorema degli assi paralleli, si ha:
.
Sostituendo
nell'espressione di
, si avrà:
.
In assenza di forze frenanti e considerando inapprezzabili gli effetti della gravità, l'unica forza agente su ognuno dei due corpi componenti il sistema è la forza centripeta
dovuta all'accelerazione centripeta
, che sull'asteroide di massa
agisce in direzione radiale verso il centro della rotazione, per permettere il mantenimento della sua posizione dentro l'asteroide di massa
, nel cui punto sommitale - dopo l'urto - la massa puntiforme si trova incastrata. Il sistema sfera-punto materiale è assimilabile ad un singolo corpo rigido (formato dalle masse
e
) i cui punti ruotano indistintamente attorno al CM nello spazio con la medesima velocità angolare
. Ogni punto dell'oggetto rigido composto possiede un'accelerazione centripeta
, dove
rappresenta il vettore posizione rispetto al CM. Pertanto, la forza (centripeta) netta sull'elemento di massa
è data dalla generica espressione
. Poiché l'asteroide minore si trova nella posizione
rispetto al CM e ha una massa
, la forza centripeta agente su di esso è pari a
. In modulo:
.
Sostituendo le espressioni di
e
trovate precedentemente:
.
Osservazione. Si può calcolare il momento d'inerzia
del sistema rispetto ad un asse passante per il centro di massa CM del corpo rigido formato dalle masse
e
, ricorrendo al calcolo dei singoli momenti d'inerzia dei singoli corpi di masse
e
rispetto ad un asse passante per il centro di massa CM del sistema combinato e parallelo all'asse passante per il
proprio rispettivo centro di massa (differente per ognuno dei due corpi). Si consideri la Figura sottostante.
Poiché l'asteroide maggiore di massa
è supposto omogeneo, il suo centro di massa coincide con il centro geometrico
della sfera alla quale è supposto assimilabile. Per il teorema di Huygens-Steiner, il momento d'inerzia
della sfera di massa
rispetto ad un asse passante per il centro di massa del sistema e parallelo all'asse passante per il
proprio centro
è dato dalla somma tra il momento d'inerzia rispetto a quest'ultimo e il prodotto tra la massa
del corpo e la distanza
tra i due assi paralleli. Dunque:
Dal momento che il momento d'inerzia di una sfera omogenea di massa
e raggio
rispetto al proprio centro
è pari a
e che la distanza tra i due assi paralleli passanti per
e per
è pari (come visibile dalla figura sopra) a
, allora:
.
Poiché l'asteroide minore di massa
è supposto di dimensioni spazialmente trascurabili rispetto all'asteroide più grande, esso è considerato alla stregua di una massa puntiforme, dunque il suo centro di massa è trascurabile e non da considerare. Il momento d'inerzia
, dunque, è nullo:
.
Per il teorema degli assi paralleli, il momento d'inerzia
di un corpo (puntiforme) di massa
rispetto ad un asse passante per il centro di massa del sistema e parallelo all'asse passante per il
proprio centro (che, in realtà, è corretto designare come punto della sfera di massa
in cui l'asteroide minore di massa
rimane incastrato dopo l'urto) è dato dalla somma tra il momento d'inerzia rispetto a quest'ultimo (che, in tal caso, si è convenuto essere nullo) e il prodotto tra la massa
del corpo e la distanza
tra i due assi paralleli (come visibile dalla figura sopra). Perciò:
.
Il momento d'inerzia
del sistema combinato di massa
formato dai due corpi di masse
e
rispetto al comune centro di massa CM del corpo rigido complessivo è dato dalla somma dei singoli momenti d'inerzia rispetto al CM
e
delle masse
e
, rispettivamente. Dunque:
.
Sostituendo
e
, l'espressione soprastante diventa:
,
la stessa espressione di
ottenuta inizialmente.
Osservazione. Il caso teorico in esame
non sottintende in nessuna maniera, senza ombra di dubbio alcuna, una minima possibilità di considerare una situazione fisica in cui un piccolo asteroide di massa
colpisca un corpo di dimensioni (quasi) planetarie: se così fosse, la massa
sarebbe trascurabile in senso assoluto (cioè,
) e, senza effettuare alcun calcolo, si potrebbe dire che la forza
agente sull'asteroide minore sia pari a
. Non è richiesta esplicitamente neppure la condizione in forza alla quale la massa
dell'asteroide minore sia molto più piccola (dunque trascurabile) rispetto alla massa
dell'asteroide maggiore, benché bisogni sottolineare come tale possibilità, certamente plausibile, non sia da escludere a priori (cfr.
Nota seguente). L'esatta situazione dispiegata dal problema è quella raffigurante un corpo grande (ma non "planetario") meno denso che venga colpito da un corpo piccolo e denso, considerato alla stregua di una massa puntiforme
di estensione spaziale trascurabile, ad esempio una massa avente densità pari a quella di una stella di neutroni che colpisce il pianeta: se l'oggetto-asteroide più piccolo è molto denso, esso può essere piccolo
spazialmente pur avendo una
massa significativa, dunque può incastrarsi nell'asteroide più grande senza distorcerne in modo significativo la forma. Inoltre, se l'asteroide minore fosse assimilabile a una sfera di raggio
incastrato a una certa distanza dal centro dell'asteroide maggiore di massa
, la conseguente densità di massa non uniforme dell'oggetto combinato renderebbe inutilmente complicato il calcolo del CM e del momento d'inerzia.
Nota. Nonostante la consistenza e l'inoppugnabilità dell'
Osservazione sopra, all'interno della proposta del problema è tuttavia possibile rinvenire una realistica possibilità (benché non esplicitamente espressa o richiesta) che l'asteroide di massa
sia molto più piccolo di quello di massa
non solo in termini di dimensioni spaziali (in questo caso, il raggio
del piccolo pianetino si considera trascurabile rispetto al raggio
della sfera più grande), ma anche relativamente alle condizioni massiche (cioè, concernenti le masse). Entro specifici e determinati fattori, appare ragionevole e realistico considerare la massa
dell'asteroide minore trascurabile rispetto alla massa
dell'asteroide maggiore, secondo la condizione
. Una possibile e vantaggiosa maniera di verificare la legittimità della condizione poc'anzi sottoposta è legata alla relazione intercorsa tra le densità volumiche dei due asteroidi. La densità di un asteroide dipende dal suo tipo spettrale, che riflette la sua composizione. Secondo la NASA, esistono tre tipi principali di asteroidi: 1) tipo C (carbonacei), 2) tipo S (silicei), 3) tipo M (metallici). Gli asteroidi di tipo C sono i più comuni e rappresentano circa il
degli asteroidi conosciuti, hanno una bassa albedo e una superficie scura, sono composti da argilla e rocce silicatiche e hanno una densità media di circa
. Gli asteroidi di tipo S sono i secondi più comuni e rappresentano circa il
degli asteroidi conosciuti, hanno un'albedo moderata e una superficie luminosa, sono composti da minerali silicati e nichel-ferro e hanno una densità media di circa
. Gli asteroidi di tipo M sono i più rari e rappresentano circa l'
degli asteroidi conosciuti, hanno un'elevata albedo e una superficie metallica, sono composti da nichel-ferro puro e hanno una densità media di circa
. A partire da tali valori, è possibile iniziare a sviluppare un'intuizione fisica finalizzata a trovare una relazione di massimo tra
e
, cioè il massimo rapporto
. Infatti, assumendo i due asteroidi di masse
e
(rispettivamente) come sfere di distribuzione massica (dunque, densità) uniforme aventi raggi
e
(rispettivamente), le rispettive densità
e
delle sfere aventi volumi
e
saranno:
.
Dividendo la
dalla
, si ottiene:
.
Pertanto, il rapporto
diventa massimo allorché si massimizzi il rapporto
; di conseguenza, si massimizza anche il rapporto
tra i raggi, dal momento che tra
e
sussiste una relazione di proporzionalità diretta, per cui, al progressivo diminuire del primo, diminuisce con la medesima descrizione anche il secondo rapporto. Deve cioè valere:
.
In base alla descrizione fisica dell'
Osservazione., per la quale l'asteroide minore di massa
possiede una densità volumica
maggiore di quella dell'asteroide maggiore di massa
, è possibile fare riferimento ai valori numerici massimo e minimo (rispettivamente) di densità citati precedentemente (stima del tutto approssimativa e parziale, senza alcuna pretesa di carattere realistico e solamente funzionale ai propositi della
Nota.) quali densità da attribuire a
e
(rispettivamente) per massimizzare il rapporto
. Pertanto:
e
. Dunque:
.
Il massimo valore
di
(dunque, anche il generico rapporto
) è molto minore di
solo nel caso in cui il rapporto
sia anch'esso molto minore di
. Ovvero:
, cioè
.
Dunque, la condizione
è
necessaria (ma non sufficiente) per la validità della condizione
. In altri termini, la possibilità che la condizione
abbia significato è implicata da
, ma la condizione
non è implicata da
; se vale la condizione
, la condizione
può essere valida; se
non è soddisfatta
, la relazione
è del tutto destituita di valore. Poiché la condizione
è addirittura imposta dalla proposta del testo (raggio
dell'asteroide minore trascurabile rispetto al raggio
dell'asteroide maggiore), allora la condizione
è
parzialmente possibile e
abbastanza ragionevole. L'unico caso in cui, benché ammessa l'indiscussa consistenza della condizione
, non vale sicuramente la condizione
è quello descritto da un rapporto
decisamente alto, ovvero da due densità molto, molto diverse tra massa puntiforme e sfera grande: si tratta di un'ipotesi inverosimile e improbabile, come suffragato dai dati a disposizione sulle densità e dall'intrinseca situazione fisica di una collisione tra asteroidi.
Per verificare le totali legittimità e ragionevolezza della sussistenza di tale relazione (che non coincide, comunque, con la coesistenza di una condizione necessaria e sufficiente per la sua validità: si tratta sempre di una mera
possibilità - tale deve rimanere - di cui, però, può progressivamente essere accresciuto il grado), bisogna addentrarsi in un'analisi più approfondita e dettagliata.
La condizione
sancisce, intuitivamente, la coincidenza tra il centro di massa CM risultante del sistema e il centro
dell'asteroide più grande e, conseguentemente, la rotazione del sistema attorno ad
. Pertanto, è possibile sorvolare sulla differenza tra distanza
della posizione in cui l'asteroide di massa
è incastrato dal CM del sistema e distanza
dello stesso pianetino dal centro
dell'asteroide maggiore. Pertanto:
. Tale relazione è confermata dalla stessa applicazione dell'approssimazione diretta concernente
. La condizione
, infatti, può essere altrimenti scritta nella forma
: ciò implica che il rapporto
sia trascurabile (dunque, approssimabile a
) solo
rispetto all'unità (ovvero, allorché si trovi accompagnato a
in una relazione del tipo
, con
,
multiplo di
), mai in senso
assoluto (cioè quando si trovi in una relazione del tipo
), pertanto esso non può essere eliminato se, in una determinata espressione, esso occupi una posizione che gli permetta di "stare da solo". Si badi bene, infatti, che
implica la ricerca della più piccola approssimazione a un ordine non nullo per piccoli
. Se una funzione di
si presenta nella forma
, allora si può concludere che essa corrisponda a
, ove
e
per
. Pertanto,
non si può concludere che
, per cui è assolutamente sbagliato assumere
e, quindi,
. Si analizzi in dettaglio il metodo dell'approssimazione diretta, verificando in primo luogo la correttezza dell'ipotesi corrispondente e procedendo, in secondo luogo, alle approssimazioni dirette in ogni fase di ogni grandezza che conduce all'espressione di
. Perciò, trascurando i rapporti
(con
,
) rispetto a
nelle espressioni
, si ha:
Approssimazione diretta
(ipotesi confermata).
Appurato che la condizione
è equivalente all'applicazione di
, si può procedere alle approssimazioni di
,
,
e - infine -
.
.
Com'è possibile notare, l'applicazione dell'approssimazione
imposta da
corrisponde (dal momento che sortisce il medesimo effetto, essendo anche fisicamente giustificabile) all'impiego dell'approssimazione
sin dall'inizio dello svolgimento dei calcoli.
Il metodo di approssimazione
poc'anzi svolto
non è, a rigore, quello più corretto possibile: si tratta di un approccio ragionevole e accettabile per un problema come quello in esame, in cui non sono richiesti approssimazioni ed errori puntuali, ma alquanto rischioso in specifiche situazioni. La procedura maggiormente accurata e corretta consiste nell'ottenimento dell'esatta equazione prima di effettuare qualsiasi approssimazione: ciò permette di determinare l'intervallo di validità della condizione ed evitare l'errore - abbastanza frequente - di trascurare e scartare termini importanti. Ad esempio, sia
. Si approssimi una data
(si sta qui usando la notazione d'ordine
) a
, scartando
, quindi si semplifichi la funzione a
; successivamente, si supponga che
e, nuovamente, si ignori il termine
approssimando la precedente
a
. Si ottiene così il valore
. In questo modo, volendo usare un'usuale espressione del linguaggio più gergale e quotidiano esistente, si è "buttato via il bambino con l'acqua sporca": pensando di disfarsi di qualcosa ritenuta inutile, non ci si avvede di buttar via, con essa, anche ciò che si deve conservare, senza distinguere ciò che è valido e ciò che non lo è.
Dunque, per
, è possibile espandere l'espressione
attraverso l'impiego del teorema binomiale (caso speciale dell'espansione in serie di Taylor) e approssimare (trascurando i restanti) ai termini del primo (più piccolo) ordine. L'espansione binomiale esprime lo sviluppo della potenza
-esima di un binomio del tipo
, con
, secondo la formula:
.
Sviluppo in serie di Taylor (teorema binomiale)
Si può scrivere l'espressione di
in modo da rendere più facilmente visualizzabili i binomi cercati:
, dove
e
sono le potenze dei binomi da sviluppare in serie di Taylor.
Riconducendo ognuna di queste potenze di binomio all'espressione generale su cui si fonda il teorema binomiale, si individua che:
1) in
, si ha:
2) in
, si ha:
.
Dunque:
1)
2)
Moltiplicando tra loro queste due espressioni, e approssimando al primo termine significativo (cioè, al primo ordine), si ottiene:
.
Dunque:
,
perciò
.
Infine, sostituendo questa espressione in
, si ha:
.
Per approssimazione diretta, invece, si aveva:
L'unica differenza (di cui bisogna valutare l'entità dell'importanza da essa rivestita) tra l'espressione di
ottenuta per approssimazione diretta sin dall'inizio dei calcoli e quella della stessa
ricavata dallo sviluppo in serie (teorema binomiale) consiste in un fattore
. Riferendo l'attenzione all'espressione
e scrivendola nella forma
per renderla meglio visualizzabile rispetto alle considerazioni che si vogliono avanzare, si deduce che le due espressioni di
prima introdotte sono uguali fino al secondo ordine in
(il fattore
è comune ad esse), ma vi è un fattore
nel termine al terzo ordine presente solo nell'espressione di
ottenuta via teorema binomiale.
Con
persiste ancora una differenza di
, che sembra abbastanza significativa: normalmente, si potrebbe considerare
, in quanto si tratta di due ordini di grandezza inferiori a
, ma, in questo caso, quando si esegua il calcolo completo, si scopre che, anche quando
, si ha un errore significativo nell'approssimazione di base. È necessario che
affinché le semplificazioni iniziali effettuate mediante approssimazione diretta restituiscano un errore quanto più vicino all'
(peculiarmente,
). Dunque, se si vuole un errore inferiore all'
, è necessario che
o meno. Questo è un motivo per cui vale la pena eseguire il calcolo completo tramite sviluppo in serie: così operando, si conosce l'intervallo di
per cui l'approssimazione è veramente valida, senza il quale sarebbe facile assumere (erroneamente) che
sia sufficientemente piccolo.
Pertanto, le approssimazioni calcolate nel metodo
sono
effettivamente e veramente valide se e solo se
. Nonostante, in questo caso, l'intervallo per cui le due espressioni di
ottenute tramite i metodi
) e
corrispondono, sia coerente con la natura del testo e il significato della condizione
, bisogna andare cauti, in generale, nell'effettuare approssimazioni troppo presto nei calcoli.
Dunque, il corretto intervallo di validità da considerare è:
.
Per verificare le totali legittimità e validità della condizione
, è necessario valutare la ragionevolezza del massimo valore
di
(dunque, dell'intervallo di validità del rapporto
tra i raggi) affinché sia rispettata la condizione
precedentemente imposta, quando si consideri
, cioè
.
Dalla espressione
, si ricava che:
,
da cui:
.
Dunque, l'intervallo di validità di
è:
,
assolutamente accettabile e conforme alla condizione
.
Pertanto, data la ragionevolezza della relazione (necessariamente non accurata):
,
si può concludere che la
possibilità di considerare la condizione
è totalmente legittima; quindi, l'espressione approssimata della forza centripeta
sotto le condizioni prima discusse è:
.
Osservazione 2. Come si può notare dal procedimento avanzato per calcolare la forza centripeta
,
non è necessario né rilevante l'impiego della conservazione della quantità di moto negli istanti prima e dopo l'urto tra i due asteroidi. Infatti, se anche gli asteroidi dovessero muoversi con velocità differenti da quelle effettivamente possedute dopo l'urto (o, alternativamente, il centro di massa dovesse traslare con velocità diversa da quella reale), ma la loro velocità angolare rimanesse, in maniera invariata, uguale a
, con lo stesso raggio d'azione rispetto al centro di massa comune,
non cambierebbe alcunché rispetto alla descrizione vettoriale (intensità, direzione, verso) della forza percepita dalla massa
incastrata nella sfera di massa
. La quantità di moto e il momento angolare si conservano separatamente, e il punto rispetto al quale si sceglie di misurare il secondo non influisce sul calcolo della prima: in altri termini, il momento angolare è indipendente dalla quantità di moto.
(Continua sotto)